La Commedia Umana

Ai Weiwei

Il Museo Nazionale Romano ospita alle Terme di Diocleziano l’opera La Commedia Umana di Ai Weiwei, uno dei più grandi artisti contemporanei.

Artista poliedrico, Ai Weiwei si esprime nelle forme più disparate, dalla scultura alla fotografia, dall’architettura alle installazioni, fino alla pubblicazione della sua biografia e alla regia della “Turandot” di G. Puccini, in scena al Teatro dell’Opera di Roma dal 25 marzo, proprio in concomitanza con l’evento espositivo.

Frutto di tre anni di lavoro, l’opera è un monumento tortuoso, una cascata di ossa, teschi e organi realizzati in vetro nero soffiato a mano e fuso da maestri vetrai. “Un manifesto per la vita e la morte” attraverso cui Ai Weiwei, la cui ideazione artistica e attività politica sono inscindibili, invia un chiaro messaggio sulla caducità e, al tempo stesso, un ammonimento a pensare al futuro e a prodigarsi perché rimanga qualcosa di più oltre le ossa.

L’esposizione è prodotta e organizzata dal Museo Nazionale Romano e da Berengo Studio con la Fondazione Berengo e la collaborazione della Galleria Continua.

La Commedia Umana è un’opera che “tenta di parlare della morte per celebrare la vita”.

Così Ai Weiwei, poliedrico autore concettuale cinese, definisce la sua più monumentale scultura, un enorme lampadario costituito da oltre 2.000 pezzi di vetro nero, soffiato e fuso dai maestri vetrai di Berengo Studio. Realizzata in tre anni, attraverso tecniche tradizionali e d’avanguardia, la scultura si distingue per le sue colossali dimensioni, oltre sei metri di larghezza per circa nove di altezza e quattro tonnellate di peso, che ne fanno una delle più grandi opere mai create in vetro di Murano. Una grandiosità accolta, non a caso, nei monumentali spazi delle Terme di Diocleziano, le più estese dell’antichità.

“Un lavoro iniziato prima della pandemia, ma che assume un nuovo significato, diventando una metafora della pandemia stessa”. La Commedia Umana mostra infatti il contenuto liberato di un corpo umano: la nostra interiorità aperta, le viscere della vita messe a nudo ed esposte alla vista di tutti, la nostra mortalità espressa dalle molteplici parti che definiscono la nostra stessa forma. Il vetro si rivela il mezzo perfetto per questo ambizioso progetto: “un materiale puro, che richiede una lotta affinché l’opera prenda forma”. Come la vita, il vetro è fragile, indipendentemente dal processo trasformativo a cui è stato sottoposto e da quanto maestoso possa apparire dall’esterno.

Spogliata dalla sua esteriorità, l’umanità ci appare
in quelle forme che si trovano in ognuno di noi: una tortuosa cascata di ossa e visceri. Ma La Commedia Umana non vuole essere un monumento alla perdita, quanto un ammonimento: pensare al futuro, ricordarci di lavorare con gli altri perché del nostro passaggio non rimangano solo poche ossa a farsi beffa di noi. Ed è proprio in quel groviglio di ossa e in quel sorriso beffardo che La Commedia Umana si specchia e dialoga con una delle opere più note del Museo Nazionale Romano, il mosaico dalla Via Appia dove uno scheletro sdraiato punta il dito sull’iscrizione “gnothi sauton”: conosci te stesso e godi della tua natura mortale finché ti è possibile.